Intervista alla Prof. Lia Crotti direttrice del Centro Cardiomiopatie dell’IRCCS, Istituto Auxologico Italiano di Milano
di Laura d’Ettole
Il loro obiettivo principale è prevenire il rischio di morte improvvisa. Il loro focus, il nucleo familiare e le eventuali mutazioni genetiche responsabili delle cardiomiopatie.
Lia Crotti è Professore Associato di Malattie cardiovascolari presso l’Università Milano Bicocca e dirige il Centro Cardiomiopatie dell’ IRCCS, Istituto Auxologico Italiano di Milano, una dei punti di riferimento in questo campo nel nostro Paese. Attraggono pazienti soprattutto dalla loro regione, ma non sono pochi i casi in cui italiani, anche residenti all’estero vengono proprio qui per curarsi.
Quando nasce il Centro Cardiomiopatie di Milano e quali sono i suoi obiettivi?
Il Centro nasce nel 2014, grazie al supporto del Prof. Cecchi, esperto di fama internazionale nel campo delle cardiomiopatie. In quegli anni io stavo svolgendo un periodo di ricerca a Monaco di Baviera con l’obiettivo di acquisire le tecniche più all’avanguardia nel campo della biologia molecolare e intanto il Prof. Cecchi aveva iniziato a formare alcuni dei nostri cardiologi più promettenti. Tornata definitivamente in Italia nell’estate del 2015 ho iniziato a lavorare sinergicamente con il Prof. Cecchi per potenziare il Centro Cardiomiopatie dell’Ospedale S. Luca.
Il Centro accoglie pazienti con diversi tipi di cardiomiopatia, incluso i pazienti con malattia di Fabry e Amiloidosi cardiaca. Alcuni, generalmente i più giovani, arrivano perché alla visita medico sportiva mostrano un elettrocardiogramma alterato; altri perché sono già a conoscenza di altri familiari affetti; altri perché arrivano al nostro Pronto Soccorso con aritmie o scompenso, mentre altri ancora perché si verifica una morte improvvisa in famiglia e vogliono capire se esiste una problematica genetica che coinvolge il proprio nucleo familiare. Quest’ultimo, in particolare, è il focus dell’attività perché uno dei nostri obiettivi principali è quello di agire per prevenire l’arresto cardiaco che, se non viene rianimato in tempo, determina la “morte improvvisa”.
In poco più di otto anni lo sviluppo del Centro è stato notevole. Ci dica qualche cifra
Siamo davvero cresciuti moltissimo. Nel 2014 siamo partiti con appena un ambulatorio settimanale, oggi riceviamo pazienti tutti i giorni feriali. Ne contiamo circa una trentina la settimana, con un bacino di utenza della nostra regione per circa il 70%, ma esteso anche al resto d’Italia. Devo aggiungere anche un piccolo numero di pazienti che vengono dall’estero, solitamente italiani che preferiscono curarsi da noi piuttosto che nel Paese di residenza. Arrivano dal Belgio, Olanda e perfino dall’Inghilterra.
Come è strutturato il Centro oltre agli ambulatori?
Esiste un reparto di cardiologia dove ricoveriamo pazienti con varie problematiche: da coloro che hanno bisogno di indagini più invasive, come una valutazione emodinamica da sforzo o uno studio elettrofisiologico, a chi deve installare un defibrillatore (ICD) o si ricovera per scompenso cardiaco. Abbiamo anche una riabilitazione cardiologica, oltre la Risonanza magnetica cardiaca e Tac coronarica di ultima generazione. Fondamentale è poi il Laboratorio dove vengono eseguite le indagini genetiche ed un centro di ricerca che collabora con vari organismi scientifici a livello internazionale. L’équipe coinvolta conta 25 professionisti fra medici e ricercatori, a cui si aggiungono fisioterapisti, infermieri e personale ausiliario.
Ci racconti quali sono i pazienti che si rivolgono a voi e quale percorso riservate loro
I nostri pazienti sono prevalentemente adulti, in maggioranza fra i 30 e i 60 anni. Quando il paziente con una sospetta o confermata cardiomiopatia arriva da noi facciamo il prelievo per il test genetico, analizzato con metodiche d’avanguardia (Next Generation Sequencing), ovviamente se il paziente è d’accordo. In circa tre mesi vengono valutati tutti i geni ad oggi noti come responsabili della patologia. I familiari vengono invitati a fare una valutazione cardiologica completa e, se viene identificato il difetto genetico responsabile della Cardiomiopatia, anche la ricerca del gene mutato. Ovviamente, a queste indagini affianchiamo anche le terapie più adeguate, se necessarie.
Che uso viene fatto oggi di queste metodiche di indagine genetica così avanzata?
Noi ne facciamo un uso molto oculato, sia chiaro, perché sono indagini costosissime interamente a carico del Servizio sanitario nazionale e non si possono fare a tappeto. È fondamentale sapere che queste analisi devono essere realizzate in Centri certificati di grande esperienza perché esistono varianti di incerto significato che se vengono etichettate non correttamente come varianti patogenetiche, cioè responsabili della Cardiomiopatia, possono far incorrere in errori potenzialmente dannosi per il paziente.
Quali sono le aree d’intervento che intendete sviluppare nell’immediato futuro?
Sicuramente il settore della ricerca clinica, l’unico che ci consente una comprensione sempre più precisa dei meccanismi della malattia. Stiamo partecipando a vari studi innovativi, a livello nazionale e internazionale, su farmaci all’avanguardia per offrire nuove terapie ai nostri pazienti.
E poi intendiamo collaborare con l’Associazione AICARM per aumentare la conoscenza delle Cardiomiopatie nei singoli pazienti e nei loro familiari.
Il 28 e 29 ottobre 2022 organizzeremo a Milano un corso per pazienti esperti sul modello di quello realizzato a Firenze da AICARM nel 2021, con lezioni teoriche sulle cardiomiopatie, affiancate da corsi di rianimazione cardiopolmonare per i loro familiari. Per il prossimo anno stiamo programmando un Corso per medici e cardiologi dedicato alla diagnosi e terapia delle Cardiomiopatie.