Nuove prospettive per la cura dell’Amiloidosi da Transtiretina

di Sofia Palma

Sofia Palma

Sofia Palma

L’amiloidosi secondaria all’accumulo di Transtiretina (TTR) è una malattia complessa, rara e sistemica, cioè che determina conseguenze a livello di tutto l’organismo. Gli organi principali interessati sono cuore, nervi periferici, più raramente il sistema nervoso centrale ed i reni.
La patologia è determinata, appunto, dall’accumulo di TTR, una proteina prodotta dal fegato necessaria per il trasporto in circolo degli ormoni tiroidei. Per motivi ancora non chiari, questa si frantuma in filamenti singoli, “fibrille”, che si riaggregano cambiando forma e si depositano lentamente negli organi, fra cellula e cellula, con un danno progressivo degli stessi. Nel cuore tale accumulo determina, come manifestazione principale, una Cardiomiopatia che somiglia alla Cardiomiopatia ipertrofica, in quanto le “fibrille” amiloidi si depositano tra i cardiomiociti, ossia le cellule contrattili del cuore, e via via, nel corso degli anni, aumentano lo spessore delle pareti. Possono causare difetti di conduzione dell’impulso elettrico e disfunzione contrattile stessa fino allo scompenso cardiaco, oltre a diverse aritmie (es. Fibrillazione atriale e anche ventricolare). Negli uomini, avere una “Sindrome del Tunnel carpale”, può essere una delle manifestazioni cliniche precoci, e in questo caso la raccomandazione è di fare controlli cardiologici periodici per cogliere l’eventuale successivo interessamento cardiaco.

In Toscana, salvo alcune zone dell’Appennino Tosco-Romagnolo, i pazienti affetti da amiloidosi TTR hanno per lo più una Transtiretina che non deriva da una mutazione genetica: in questi casi la malattia si manifesta in età molto avanzata, per lo più negli uomini oltre gli 80 anni, per cause ancora non chiare. Tuttavia l’Amiloidosi può avere anche cause genetiche: sono state individuate più di cento mutazioni nel gene TTR che codifica la Transtiretina, coinvolte nella genesi della patologia. Nel caso in cui la malattia sia causata da una mutazione genetica, la malattia si trasmette con il 50% di probabilità dal genitore affetto ai figli, ovvero con una modalità chiamata autosomica dominante; si consiglia pertanto ai parenti stretti, fratelli e figli, di effettuare a loro volta un test genetico per arrivare precocemente alla diagnosi e quindi per valutare possibili terapie preventive, oggi disponibili.

La diagnosi, comunque, è complessa e molto spesso arriva tardivamente sia per la grande variabilità di manifestazioni cliniche sia per la rarità stessa della patologia, e una diagnosi tardiva, purtroppo, è molto pericolosa per il paziente perché le attuali terapie sono più efficaci se iniziate precocemente.

La terapia

Fino a pochi anni fa le opzioni terapeutiche erano limitate; la terapia si basava principalmente sul controllo dei sintomi e sul monitoraggio costante dello stato di salute del paziente, perché non si avevano a disposizione terapie specifiche in grado di rallentare o bloccare la progressione della patologia. Il cardiologo prescriveva farmaci antiscompenso, diuretici, farmaci per il controllo della pressione e pochi altri, in modo da incidere sul benessere percepito dal paziente ma senza poter realmente influire sulla progressione della malattia. Una opzione praticata in passato era costituita dal trapianto di fegato (e cuore, se necessario).

Da tempo, comunque, la ricerca in campo medico stava cercando nuovi farmaci in grado di curare i pazienti affetti da Amiloidosi. Molto spesso le malattie rare mancano infatti di farmaci, chiamati in questo ambito “farmaci orfani”, specifici per il loro trattamento. E’ fondamentale investire nella ricerca per incentivare le aziende operanti in questo settore al fine di dare una cura ai malati affetti da malattie rare. Nel caso dell’Amiloidosi, dopo numerosi studi clinici in vari centri (ai quali ha partecipato anche la Unit Cardiomiopatie di Careggi) e molti fondi investiti negli Stati Uniti, nell’ottobre 2021 è stato approvato anche dall’AIFA un nuovo farmaco, il Tafamidis. Questo farmaco è uno stabilizzatore della Transtiretina, ovvero si lega alla proteina nel sangue e ne rende molto più difficile la disgregazione: questo determina un rallentamento della progressione della malattia proprio per la minore formazione di fibrille amiloidi. Il Tafamidis è stato definito rivoluzionario nel trattamento dell’ Amiloidosi TTR proprio per la sua capacità di prevenire il peggioramento della malattia. E’ stato dimostrato come sia in grado di abbassare il rischio di decesso per causa cardiovascolare, di diminuire le ospedalizzazioni e anche di portare un miglioramento del benessere percepito dal paziente.

La possibilità di prescrizione di questo farmaco, nonostante la regolare approvazione da parte dell’AIFA, rimane limitata a centri di riferimento multidisciplinari, con medici esperti in amiloidosi, usando appositi piani terapeutici. Nonostante Tafamidis non sia l’unica terapia specifica per l’amiloidosi attualmente disponibile.
Un altro farmaco è il Patisiran, recentemente approvato negli Stati Uniti, che sta dando ottimi risultati terapeutici ed è basato su una nuova tecnologia (“RNA interference”). Agisce bloccando la sintesi della Transtiretina, ed è così innovativo da essere valso il premio Nobel ai suoi ricercatori.

L’AMILOIDOSI CARDIACA SIMULA UNA CARDIOMIOPATIA IPERTROFICA: QUANDO DISTINGUERLA

Amiloidosi

Maurizi N: Prevalence of cardiac amyloidosis among adult patients referred to tertiary centres with an initial diagnosis of hypertrophic cardiomyopathy Int J Cardiol 2020

In uno studio condotto alcuni anni fa in pazienti con diagnosi di Cardiomiopatia Ipertrofica, riferiti alla Unit Cardiomiopatie della AOU Careggi e al Centro Cardiomiopatie dell’Istituto Auxologico, la percentuale dei pazienti che risultarono invece affetti da Amiloidosi cardiaca, di origine genetica e non, aumentava con la loro età, fino a oltre il 20 percento nei pazienti di età superiore a 70 anni. Tuttavia anche nei pazienti più giovani poteva essere identificata: distinguerla è molto importante per la possibilità di usare i nuovi farmaci, la cui efficacia aumenta se l’amiloidosi cardiaca è identificata e trattata precocemente.