La mia storia inizia con una fine …. Aprile 1989 …  avevo 16 anni quando mia madre all’età di  39 anni veniva a mancare per una Cardiomiopatia Dilatativa, di cui, in quel momento, avevo solo una minima cognizione.

Ad ogni modo, inesorabile, il dolore si “consapevolizza” con il tempo che passa e con lui anche la capacità di ciascuno di noi di incasellare ed ordinare le componenti della propria vita, tra le tante cose anche l’idea che potresti essere, forse un giorno, a rischio di “patologie cardiache per fattori ereditari” .

Con sistematica cadenza annuale mi sottoponevo a controlli dal mio cardiologo di fiducia che era rimasto lo stesso che aveva in cura mia madre. Lui è stato una figura importante nella mia vita, aveva vissuto il logorio della malattia di mia madre ed il rapporto medico/paziente che ci univa, che non oso descrivere come familiare, era comunque e sicuramente particolare, di chi sembra conoscerti da sempre e che ogni anno ti aspetta provvidenziale per il controllo cardiologico .

Ad ogni suo checkup annuale si leggeva una sorta di benevolo e positivo  accanimento nel cercare qualche alterazione all’orizzonte, un benevolo e positivo interesse nel verificare ostinatamente  tutti i valori, parametri ed indicazioni che potessero destare interesse , una benevola e positiva attesa che come un sorta di orologio genetico a 39/40 anni iniziò a far sentire i primi segni di come la natura ed il buon Dio ti aveva creato .

Ed il tutto ebbe inizio, una piccola alterazione dell’ECG , test da sforzo, ECG dinamico, coronarografie, risonanze magnetiche , indagini genetiche che individuano un gene particolare, aritmie potenzialmente maligne che impongono  l’impianto di defibrillatore sottocutaneo che le interrompe quando improvvisamente compaiono. E poi, e via e via senza farsi mancare nulla, il tutto con calma e piano piano nell’arco di una decina di anni con una sola e costante valutazione di iniziale Cardiomiopatia Ipertrofica poi trasformatasi rapidamente in Dilatativa. Unico comune denominatore la graduale perdita di funzionalità del mio muscolo cardiaco.

Intanto la vita continuava, ero già papà, continuavo la mia attività di imprenditore alla seconda generazione di una piccola azienda di famiglia, mi separavo, cambiavo abitazione e ovviamente mi complicavo la vita ma senza perdere la mia innata incoscienza nell’affrontare la vita.Chi mi conosce mi definisce un egoista nei rapporti e nei sentimenti ma in realtà credo che sia il conto da pagare di chi prova a star bene ed in equilibrio con se stesso .

L’idea che ho del mio cuore malato è strana, arrivo a considerarlo come un ultimo legame fisico con mia Madre, mi amareggia moltissimo ma paradossalmente mi da forza ed energia nel provare a “mordere” il domani .

Da qualche mese rimbomba nella mia testa sempre più ridondante la parola “trapianto”. Sono consapevole che sia la mia unica mia aspettativa e/o indicazione per un domani che, anche se pieno di incertezza, paure e complicazioni, comunque è qualcosa su cui contare e sperare.