La testimonianza di Dino, che ha 45 anni ed ha una Cardiomiopatia ipertrofica, sottoposto con successo a miectomia oltre 10 anni fa.
A me è arrivato direttamente dentro le mura di casa, molto probabilmente trasmesso da mio figlio. Posso dirlo quasi con certezza, perché in quei giorni nella sua classe (una quarta elementare) è scoppiato un piccolo focolaio. D’altra parte, le altre occasioni di scambio e di vita sociale per me, lavoratore in smart-working da oltre un anno, sono ormai ridotte al lumicino.
Tutto è cominciato con una febbre: di giorno poche linee, mentre la sera la temperatura saliva stabilmente attorno a 38-38,5. Uno schema che si è ripetuto per due settimane. Fatto il tampone, risultato: positivo! Quasi subito, inoltre, ho cominciato ad accusare un fastidio alla gola, come un’irritazione alle vie aeree superiori, che poi col tempo si è trasformato in tosse secca. Nessuna alterazione di gusto o dell’olfatto. Su consiglio del medico di base, mi sono subito dotato di saturimetro; nel mio caso, fortunatamente, la saturazione si è mantenuta sempre su livelli buoni, senza mai scendere sotto 95, anche quando la tosse è diventata più insistente. Un segno che l’infezione non ha mai compromesso i polmoni. Passati i primi cinque giorni di febbre, considerata la situazione stazionaria, il medico mi ha prima prescritto cortisone (deltacortene, 50 mg/giorno, portato avanti per dieci giorni e poi scalato) e un antibiotico. Normalmente, in questi casi, si associa anche un farmaco con effetti anticoagulanti, ma essendo io già in terapia con il Coumadin non ce n’è stata la necessità. Sempre su consiglio del medico, ho tenuto sotto controllo anche la pressione arteriosa, perché a volte il cortisone può provocare un aumento, che nel mio caso fortunatamente non si è verificato. Inizialmente, gli effetti della terapia farmacologica sono stati blandi, per poi diventare sempre più consistenti… nel bene e nel male. L’antibiotico, ad esempio, ha comportato tre giorni di forte diarrea. Ma attorno al quattordicesimo giorno la febbre è scomparsa e sono uscito finalmente dal tunnel.
Oggi, a ventisei giorni dall’inizio dell’infezione, sto bene e mi rimane solo un po’ di tosse e catarro residuo da espellere. Con la mia Cardiomiopatia Ipertrofica, la cosa che più di ogni altra mi ha creato problemi è stata la febbre. Erano anni che non mi veniva e in questo frangente ho potuto sperimentare come anche piccoli innalzamenti della temperatura spingano in alto la frequenza cardiaca: certe sere ho misurato anche 100 battiti al minuto in situazione di assoluto riposo e 110-120 in movimento. Andare a letto e provare ad addormentarsi in queste condizioni non è stato per nulla semplice, in quei giorni già di per sé stressanti e caratterizzati da ansia sembrava di essere costantemente impegnati a correre una maratona. L’altro aspetto degno di nota è che la durata della quarantena non è certa e può diventare anche molto lunga: giovedì farò il terzo tampone di controllo e mi auguro che stavolta l’esito non sia (debolmente) positivo come i precedenti, che per ora significano un isolamento con tempi indefiniti. Alla lunga, credo che la componente psicologica assuma un peso importante, con impatti crescenti sul benessere psico-fisico.
Sono molto felice per come sono andate le cose. Non ho avuto molte complicanze, forse per la mia età relativamente giovane, ma ora non vedo l’ora di poter uscire con la mia bicicletta e godermi un po’ dell’aria di primavera.