Medicina & Scienza

di Niccolò Maurizi*

Amiloidosi Cardiaca

L’amiloidosi cardiaca è causata dall’accumulo di proteine anormali (amiloide) nel tessuto cardiaco, che può interferire con il normale funzionamento del cuore e soprattutto renderlo più spesso, come i cuori con Cardiomiopatia Ipertrofica. Identificare però correttamente l’amiloidosi cardiaca è cruciale: essa richiede un approccio terapeutico diverso  rispetto alla cardiomiopatia ipertrofica, esistono farmaci specifici per fermare o addirittura pulire questo accumulo di proteine. Inoltre, tanto prima si identifica questa patologia, tanto questi farmaci saranno più efficaci e migliorare la vita dei pazienti. In altre parole, identificare nel calderone dei pazienti con cuore ispessito, coloro affetti da amiloidosi Cardiaca ha una grandissima importanza.

Uno studio realizzato dall’equipe della Unit Cardiomiopatie in collaborazione con la Cardiologia dell’Istituto Auxologico di Milano si è occupato proprio di questo: quanti sono i pazienti con cuore ispessito diagnosticati dopo i 40 anni che si sono presentati con una diagnosi di Cardiomiopatie Ipertrofica che in realtà avevano un’amiloidosi cardiaca ?

Prima domanda: quanto è comune l’amiloidosi cardiaca?
Tra i 343 pazienti inclusi, circa il 9% è stato alla fine diagnosticato con un’amilodiosi cardiaca anziché una cardiomiopatia ipertrofica. La prevalenza dell’amiloidosi è aumentata significativamente con l’età: tra le persone intorno ai 40 anni, solo l’1% ce l’aveva, mentre tra gli over 80 l’amiloidosi è stata riscontrata nel 26% dei casi. Questo indica che l’età è un fattore importante nella probabilità di avere un’amiloidosi piuttosto che una cardiomiopatia ipertrofica.

Per diagnosticare la CA, i ricercatori hanno eseguito dapprima test genetici sui pazienti. Hanno riscontrato che alcuni individui presentavano mutazioni genetiche comunemente associate all’amiloidosi cardiaca. Tuttavia, molti pazienti senza questi marcatori genetici sono stati comunque diagnosticati con amiloidosi cardiaca basandosi su quelli che i medici chiamano “segnali di allarme” — segni e sintomi che la rendono più probabile. Per esempio, tra i segnali di allarme c’erano sintomi come:

  • Sindrome del tunnel carpale (una condizione che causa dolore e intorpidimento alle mani),
  • Cambiamenti specifici nelle immagini del cuore che mostravano un aspetto “scintillante” o “granulare” del muscolo cardiaco,
  • Pareti del cuore ispessite in modo simmetrico (stesso spessore su entrambi i lati),
  • Livelli elevati di alcune proteine nel sangue,
  • Risultati insoliti nell’ECG, ovvero bassi voltaggi della traccia o problemi di ritmo.

Questi segnali di allarme hanno spinto a fare ulteriori test su alcuni pazienti, portando infine alla diagnosi di un’amiloidosi cardiaca.

Perché questo è importante per il trattamento?
A differenza della cardiomiopatia ipertrofica, l’amiloidosi cardiaca può essere trattata con farmaci progettati per rallentare o bloccare l’accumulo di amiloide. Questo è particolarmente importante perché tali trattamenti funzionano meglio se iniziati precocemente.

Lo studio risulta importante perché i medici dovrebbero considerare lo screening per l’amiloidosi cardiaca nei pazienti con quadri clinici simili alla Cardiomiopatia Ipertrofica, specialmente in quelli sopra i 50 anni o che presentano segnali di allarme dell’amiloidosi cardiaca. Per alcuni pazienti, questo potrebbe comportare ulteriori test genetici o immagini specifiche del cuore. Questo approccio proattivo potrebbe portare a diagnosi più rapide e accurate e consentire l’inizio di trattamenti efficaci in tempi più brevi, migliorando i risultati per i pazienti con amiloidosi cardiaca.

Implementare questi interventi può condurre a diagnosi più rapide e accurate, permettendo l’inizio tempestivo di trattamenti specifici come le terapie farmacologiche mirate. Un approccio che non solo migliora la qualità della vita dei pazienti, ma può anche ridurre significativamente la progressione della malattia e le complicanze associate.

Dott. Niccolò Maurizi - Cardiologo

*Niccolò Maurizi, autore della nuova rubrica di AICARM News, attualmente è responsabile dell’ambulatorio Cardiomiopatie presso il CHUV di Losanna. In precedenza, ha lavorato come ricercatore presso l’Università degli Studi di Firenze. Nel 2015 ha co-fondato D-Heart, una startup che ha realizzato un dispositivo in grado di registrare autonomamente l’ECG dal paziente e trasmetterlo con il proprio smartphone. È autore e coautore di quasi 100 articoli scientifici incentrati su temi legati alla CMI (gestione dell’arresto cardiaco improvviso, gravidanza nella CMI, dispositivi intelligenti nella pratica clinica, ecc.).