Una delle venti testimonianze de Il Cuore Grande
Tutto è pronto per la presentazione de Il Cuore Grande, storie di donne e uomini davanti alla sfida delle cardiomiopatie, il libro nasce intorno alle storie di venti pazienti, o loro familiari, a cura della giornalista Laura D’Ettole e del professor Franco Cecchi, presidente di AICARM. A partire da ottobre l’Associazione darà vita a una serie di iniziative, a cominciare dalla presentazione al pubblico ed alla stampa (Villa Bardini, 14 ottobre). Come anticipazione per chi non ha già avuto o si è procurato il volume, in distribuzione gratuita ai soci che ne faranno richiesta, pubblichiamo una delle venti testimonianze.
Amori pericolosi: Salvatore ha una nuova bicicletta
Conosco ben presto la mia cardiomiopatia ipertrofica, a circa 11 anni durante un controllo eseguito per l’idoneità sportiva da ciclista. Ne sono passati di anni, oggi ne ho 38. All’epoca ero un giovane allievo esordiente che si allenava con costanza disputando anche gare agonistiche di ciclismo su strada. Il primo campanello d’allarme è suonato quanto durante la prova da sforzo fatta su gradini, il medico addetto alla visita mi ha riferito che sentiva un rumore strano nel cuore, tipo un “soffio”. Dunque, non mi dà l’idoneità sportiva e raccomanda di recarsi in ospedale per un’eco cardiaca a colori. Dopo le normali attese per effettuare i controlli è proprio il primario di cardiologia che effettua l’eco al cuore. Nota un ispessimento della parete del ventricolo sinistro, ma sorridendo dice: «Vai vai a correre, il cuore va bene, questo prende il nome di “cuore dello sportivo”».
Passa il tempo ed ogni anno alla visita era sempre la stessa trafila: il medico dell’Asp non dava l’idoneità e mi rimandava a fare l’eco, che veniva eseguita sempre dallo stesso cardiologo, con la stessa diagnosi, anche se l’ispessimento della parete cresceva. Con il passare del tempo però notava che: «Se il paziente non si fosse riscaldato bene prima di una corsa avrebbe sofferto di un atroce bruciore al petto, che si portava per un po’. Inoltre, il battito cardiaco cambiava, iniziava a sentire dei piccoli salti del battito, come se in un momento il cuore si fermasse». In altre parole, si trattava di aritmie che in alcuni casi mi davano la sensazione di svenire. La stessa trafila dura per circa sei anni, mentre disputo gare agonistiche impegnative (vincendole anche!), fino ad arrivare all’ospedale di Palermo “Casa del Sole”. Dopo una settimana circa di ricovero scopro l’amara verità: fine dell’attività agonistica e controlli trimestrali.
Da lì inizio ad assumere il betabloccante con visite costanti, fino all’incontro con uno specialista esperto che a 33 anni mi apre la strada per la vera consapevolezza della mia cardiomiopatia. Mi parla di rischio elevato di arresto cardiaco e mi propone l’impianto del defibrillatore sottocutaneo, che accetto volentieri, anche per proteggere, oltre me stesso, i miei familiari e la mia splendida bambina.
A 35 anni, mi sento più sicuro e inizio a riprendere la bici dopo quasi 18 anni. Andavo solo il fine settimana per circa un’oretta e mezza alla volta, ma dopo un anno, alcune sere inizio ad avere disturbi nel ritmo cardiaco. Consulto lo stesso specialista e capisco che un paziente con cardiomiopatia ipertrofica non può fare sforzi intensi. Mi viene consigliato di usare una bici a pedalata assistita e dopo aver conosciuto alcuni soci e volontari di AICARM al corso per pazienti esperti del novembre 2021 a Firenze, smetto di usare la bici classica “muscolare”. Ho acquistato una bici a pedalata assistita, le aritmie sono scomparse ed oggi vado regolarmente in bici, senza nessun disturbo al cuore.